Storia dell’abito da sposa

Alla parola sposa si associa immediatamente l’immagine di una donna vestita in bianco. Tuttavia, l’abito nuziale non è sempre stato bianco. E non è sempre esistito.

Come scegliere l’abito da sposa?

Nonostante il matrimonio sia un’istituzione la cui nascita si perde nella storia, per alcuni popoli antichi si trattava più di una “transazione”, di un accordo tra le famiglie degli sposi: non sempre questo patto e cambio di status veniva accompagnato da un rito o da una celebrazione festosa e, di conseguenza, non era richiesto un abito particolare per l’occasione.

Nell’antica Grecia, dove pure il matrimonio era accompagnato da una serie di riti, non c’è un’indicazione specifica circa l’abbigliamento della sposa, tanto che le fonti presentano descrizioni parecchio discordanti in merito.

ABITO DA SPOSA
Abito da sposa

Se ne deduce che la donna greca fosse libera nella sua scelta dell’abito nuziale: poteva, infatti, indossare una semplice tunica bianca o un ampio mantello variamente ricamato e colorato, una corona dorata o fatta di fiori. In qualsiasi caso, comunque, non doveva mancare il velo, che aveva una precisa funzione rituale e che dopo le nozze veniva dedicato ad Era.

Abito di sposa dell’antica Roma

Le testimonianze sulla sposa dell’antica Roma sono, invece, più precise: la nubenda (colei che deve essere coperta dal velo) indossava l’abito nuziale già la sera prima delle nozze e dopo aver raccolto i capelli in una reticella rossa si coricava. Il giorno successivo, i suoi capelli venivano pettinati secondo una speciale e complicata acconciatura a sei trecce.

Il suo abito da sposa consisteva in una semplice tunica bianca, lunga fino ai piedi, denominata tunica recta o regilla, che doveva essere ricavata da un unico pezzo di stoffa e non doveva presentare nessun tipo di orlo e di rifinitura. Tale capo era reso aderente in vita da cintura di lana, il cingulum, che, consacrato a Giunone, poteva essere sciolto solo dallo sposo.

I capi del cingulum erano tenuti insieme da un doppio nodo denominato, come augurio di fecondità, nodus Herculeus. Sopra la tunica veniva drappeggiato un mantello giallo zafferano e ai piedi si portava un paio di calzari dello stesso colore. L’elemento fondamentale dell’abbigliamento nuziale era il flammeum, un velo “colore del fuoco” (rosso o arancione acceso) che scendeva dal capo della sposa per coprirne la parte superiore del viso e che, nel corso della cerimonia, veniva sollevato e teso anche sul capo dello sposo.

Nel corso del Medioevo i matrimoni delle famiglie benestanti e nobili acquistarono sempre più un valore sociale: combinati per motivi diplomatici, politici ed economici, essi venivano celebrati con grande sfarzo. L’abito da sposa doveva, dunque, riflettere la ricchezza della famiglia di provenienza e per questo erano utilizzati tessuti preziosi quali la seta e il broccato; tinti in colori accesi e costosi come il rosso e il blu, erano spesso ricamati con fili d’oro e d’argento, adornati di pietre preziose e bordati di pregiate pellicce.

Lo strascico era un simbolo di opulenza, visto l’elevato costo delle stoffe, e la sua lunghezza era commisurata alla ricchezza del casato della sposa. Oggi, lo strascico è un elemento che ha perso questo valore simbolico, ma è rimasto come uno degli elementi caratteristici del vestito nuziale.

Contrariamente a quanto si sia portati a immaginare, raro, fino al XIX secolo, è l’uso del bianco. Una delle prime e poche ad indossarlo fu Filippa di Lancaster che nel 1406 sposò Erik di Danimarca. Famosissimo e sfortunato fu l’abito di Maria Stuarda, che nel 1558 volle il bianco per le sue nozze con Francesco II di Francia. Tale decisione fu vista come un cattivo auspicio, dato che, all’epoca, il bianco era il colore del lutto per le regine francesi; la morte prematura del consorte fu letta come una conseguenza della scelta della sovrana.

Per quanto riguardava le famiglie non nobili, mentre alcune spose benestanti tentavano comunque di imitare l’abbigliamento nuziale della nobiltà, pur con tessuti meno pregiati, le altre celebravano il matrimonio in maniera più semplice, indossando il “vestito buono”, che veniva poi riutilizzato per qualsiasi altro giorno di festa. Usanza questa che è continuata fino alla metà del XX secolo.

Per l’elezione del bianco a “colore della sposa” bisogna arrivare all’epoca vittoriana. Fu la regina Vittoria, infatti, a renderlo popolare, scegliendolo nel 1840 per le sue nozze con il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha.

La giovane sovrana decise di affermare così la propria personalità, staccandosi dalla tradizione e dalla pompa dell’epoca e optando per un abito originale, interamente realizzato in Inghilterra (in modo da dimostrare il suo appoggio all’industria britannica). La seta arrivava da Spitafields a Londra, mentre la sopragonna in pizzo Honiton proveniva da una fabbrica nel Devonshire, che impiegò più di 200 lavoratori e otto mesi per finirla. Sul capo la sovrana volle un velo sormontato da una corona di fiori d’arancio, il cui motivo fu ripreso nel lungo strascico di 5 metri.

Il colore chiaro del vestito (che oggi definiremmo più champagne, che bianco) era un simbolo di ricchezza: la sua delicatezza e la difficoltà nel pulirlo lo rendevano adatto agli abiti delle fanciulle benestanti. Le ragazze delle classi inferiori ancora si sposavano con il “vestito della domenica”, spesso grigio o beige, che veniva decorato temporaneamente con fiocchi (i nodi d’amore) e nastri.


L’associazione del bianco alla purezza della sposa, e non alla sua ricchezza, si deve sempre al romanticismo vittoriano. I giornali di moda femminile, che già allora circolavano in Europa e in America, scrivevano che tale colore era quello “tradizionalmente e storicamente” più adatto alla sposa, perchè ne simboleggiava l’innocenza, la castità e il cuore immacolato.


Per tutte le donne, indipendentemente dalle loro condizioni economiche, valeva comunque ancora l’abitudine di riutilizzare l’abito in altre occasioni; persino la regina Vittoria fece riadattare la sopragonna del proprio, per indossarla nuovamente.

E’ solo nel XX secolo, sopratutto dopo gli anni ’40, che il vestito da sposa diventa un capo fatto confezionare apposta per il giorno delle nozze.


Nel corso del ‘900 assistiamo, inoltre, al trionfo definitivo del bianco come colore per le spose occidentali. Gli abiti seguono strettamente i dettami della moda di ciascun decennio – come potete ammirare nella nostra galleria di foto d’epoca – : dalle linee scivolate degli anni ’20, ai lunghissimi veli degli anni ’30, dal corto degli anni ’50-’60 all’opulenza degli anni ’80, fino al ritorno di un abito più semplice negli anni ’90.

Con il nuovo millennio, la sposa ha la possibilità di scegliere tra un’infinità di modelli e di tessuti, non solo tradizionali: dai vestiti a sirena dei primi anni 2000, a quelli “tatuaggio” degli anni 2010, dai boho-chic al classico abito con strascico, reso però leggero da tagli e materiali innovativi.

Arrivati ai giorni nostri, una cosa resta certa: da più di due secoli sono le nozze reali (e ora anche quelle dei VIP) a influenzare le spose di ogni Paese, segno che la favola continua a ispirare e a far sognare.

In fotoabito da sposa di Giuseppe Papini. Fiori e allestimento di Angelo Lorenzi.

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Un commento

  1. Scegliere l’abito da sposa è come un viaggio nel tempo! Da antiche transazioni a cerimonie sfarzose, ogni epoca ha il suo stile.

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